PREFAZIONE dell'autore |
PROPEDEUTICA Una seria ricerca storica, si deve basare su documenti e reperti coevi, ed in tal caso può anche condurre a revisione. Non può, al contrario, portare ad alcun risultato revisionistico il riesame della bibliografia postuma e non coeva esistente. Ovvero il documento originale deve essere coevo. Scoperte a parte, solo il puntuale, disinteressato e certosino riesame dei documenti coevi (fonti esistenti), nel caso evidenziasse distorsioni od ulteriori possibilita' interpretative potrebbe portare a revisione. |
ANTEFATTO storico, Le STAMPIDE
Sicuramente,
abbiamo prove coeve certe, intorno all'anno mille,
molte copie manoscritte su pergamena
delle "stampide" (virtuosismi
poetico-musicali degni di essere diffusi) circolavano
liberamente, non solo in occitania, ma in tutto
il mondo civile, sia europeo che degli invasori
saraceni. Le opere
stampide (per definizione notevoli)
erano numerosissime, ed erano le
creazioni dei trombadori e
delle trombatriz, occelti, ovvero
occitani
Quasi tutte sono andate perse.
Delle innumerevoli
danze occitane (specie padane), ce ne sono pervenute
solamente una cinquantina, quasi tutte
conservate a Londra. Delle moltissime
canzoni che sappiamo, per certo, compose Riccardo
Cuor di Leone, che parlava occitano (era un Trombadore),
ci sono pervenuti solo due frammenti di
una stessa canzone scritta in prigionia: lamento e sua rotta. Le opere degli
autori italiani sono da considerarsi, di fatto, quasi completamente
perse, salvo futuri ritrovamenti. Di alcuni nomi
(d'arte) e frammenti di testo disponiamo solo di
citazioni postume. Alcuni testi di
stampide (rigorosamente privati della musica) sono
conservati in Vaticano. Pochi codici e vari
frammenti di pergamene, ed il resto? Nulla, tutto perso, anzi
distrutto.
Il
motivo di questo genocidio culturale risiede in molti
infausti accadimenti che disintegrarono l'occitania e la sua cultura.
|
L'opera di distruzione Anzitutto iniziò certa parte di chiesa romana, che mal vedeva l'estrema indipendenza, sensualita' e libertà di pensiero dei Vescovi occitani e relativi Riti (si e' salvato, purgato, solo il rito Ambrosiano). Pensiamo alle stragi degli occelti Albigesi, e conseguente fuga di molti trombadori al nord, in Bretagna, in Inghilterra, in Irlanda e Scozia.
Come se non
bastasse, a partire già dal 1200, i testi occitani
vengono traslati in franco-provenzale
o franco-occitano, all'inizio forse per
renderli meglio comprensibili ai popoli nordici, ma poi in modo
sistematico, ossessivo e chiaramente di parte, Franca, ovviamente. Bisogna
comunque convenire che l'opera di traslazione
e di "esportazione" al nord, specie a
Parigi e Londra, ha paradossalmente salvato da certa
distruzione molti capolavori occitani, gabellati oggi
per "celtici" del nord (?) Poi, nel 1400,
la formazione degli stati moderni causarono il frazionamento "a
segmenti verticali" della fascia "orizzontale" occeltica, tipicamente
trasversale, dall'Adriatico all'Atlantico, provocandone lo sfascio
definitivo.
Ultimo baluardo
di quello che rimane della cultura occitana è, nel 1500, la
Provenza, almeno dal punto di vista orale, ovvero poetico:
nasce il mito apocrifo dei "poeti" occitani, detti anche impropriamente
trovatori. Inizia
quindi la distruzione fisica dei codici
occitani mediante condanna al rogo
non solo dei reperti, ma degli uomini. Alla controriforma
del 1550-1700, segue "la illuminata"
opera anti-medioevalista `settecentesca, e la ultranazionalistica
revisione dei romantici sapienti italiani dell'ottocento. Un vero disastro. |
I
RITROVAMENTI
Soltanto in epoca molto recente vennero restaurati, quindi riscoperti, i codici occitani sino a noi pervenuti, e ci si accorse che erano gli antesignani della più moderna musica celtica e moresca. Quindi divenne palese che i testi conservati in Vaticano, tutti classificati come poesie provenzali, erano in realtà opere musicali di autori italiani, padani, monferrini, borgognoni, aquitani, guasconi, catalani ovvero occelti e galizi, alcuni, purtroppo, posteriormente traslati in franco o franco-provenzale dalla lingua originale occitana antica. Grande impulso alla
ricerca fu dato da un fortuito ritrovamento, avvenuto
nella prima metà del secolo ventesimo. Un certo Pedro
Vindel, restauratore antiquario di Madrid, rimuove la rilegatura
deteriorata in pergamena di un libro
cinquecentesco, e scopre che si tratta di un frammento
di antico codice musicale, il cui testo era
già conosciuto negli archivi vaticani, e riduttivamente
classificata come poesia "degli Amici" cassando l'altro termine
parimente ricorrente: "Amanti", per non dire di altri termini quali
"estro d'amore".
Nella faccia
interna della pergamena, svilita a copertina, si era
salvata una pagina, quasi intera, di un certo codice Martin
(martin codax), di chiara fattura femminile,
contenente alcuni brani di musica vivace, del tutto antitetica rispetto
le credenze stereotipate (ancora oggi radicatissime). Fortuna volle
che il rilegatore fosse pure un antiquario, capace di intuire
l'importanza del reperto.
Questo ritrovamento
dimostra il disprezzo idiota dei secoli rinascimentali ed "illuminati"
per la cultura medioevale ed occitana in particolare. Ma proprio questo
disprezzo ha salvato, suo malgrado dal rogo, la
pergamena in oggetto, che smentiva tutti i preconcetti
correnti e svelava una musica bellissima, sensuale e
ritmica. |
SITUAZIONE ATTUALE
Specialmente nel
nord della Francia ed in Inghilterra
iniziarono studi approfonditi che svelarono la profonda differenza fra Quindi gli
"inventori musici" dell'anno mille sono i trombadori
(trombatori) e le trombatriz tipicamente occitani,
seguiti nel 1200 dai trobadori galizi, ed
infine dai trovatori francoccitani e poi
franchi.
LE
PALLE STORICHE Lo stesso autorevolissimo
Cibrario nella sua "Economia
Politica del Medio Evo" (Torino 1861) mostra di ignorare
l'esistenza dei codici occitani, in verità quasi tutti,
ancora oggi, conservati all'estero, e ne parla "per sentito dire",
citando altri autori "moderni". Cibrario confonde i
trovatori con i trobadours, addirittura con i
menestrelli o menestrieri (confondendo i secoli), mostra di non
conoscere il senso del termine, e crede che "trobas" sia
una canzone poetica popolare! Quindi mostra di
ignorare totalmente l'esistenza delle "Cantigas"
galizie, non parliamo dei trombadori
occitani. Nell'impeto
italiota del tempo rifiuta ovviamente qualsiasi idea celtica, quindi
occeltoca od occitana. Mai fidarsi delle
fonti non coeve!!
La vera ricerca non
si fa leggendo i libri di tizio o di caio, che a loro
volta riportano il pensiero di sempronio. Occorre sporcarsi
le mani con le fonti
coeve, ovvero con le pulverulente
pergamene, come, ad onor del vero, il Cibrario fece,
ma solo con i reperti a sua immediata
disposizione, di genere commerciale, di
cui il più antico che elenca risale al 1263, quando
i Trombadori erano oramai scomparsi. |